Contati 4 morti durante la traversata ma “senza sospetto di colera”, il piroscafo entrò nella grande rada di Montevideo il 28 Ottobre: Il Governo locale oppose al capitano del piroscafo la chiusura dei porti, decretata e pubblicata regolarmente e gli impose di abbandonare quelle acque. Mentre continuavano le trattative per ottenere dal Governo l’ammissione del piroscafo in un lazzaretto, a bordo scoppiò la epidemia. Il 7 novembre si ebbero 3 vittime, una il 9 ed altra il 10. In questo stato di cose il capitano segnalò alle autorità governative la manifestazione della malattia; e queste ingiunsero di levar l’ancora e proseguire per Rio Janeiro.
La mattina del 14, ormai sconvolto dall’epidemia che imperversava, il bastimento entrava a mezza forza nella baia di Rio Janeiro. I brasiliani non ci pensarono due volte: Alcune cannonate partite dal forte di santa Cruz lo obbligarono a fermarsi e retrocedere, in attesa di ordini. E questi furono d’abbandonare immediatamente le acque del Brasile. Il braccio di ferro andò avanti per alcuni giorni. Poi due navi da guerra brasiliane si avvicinarono ed intimarono nuovamente la partenza. Ed il piroscafo il giorno stesso si mosse sulla via del ritorno. Fu una traversata a ritroso interminabile, massacrante e segnata da altri 19 morti. Quando finalmente la nave di Lazzaro arrivò a Pianosa, dove il penitenziario era stato svuotato di tutti i detenuti per risentire la quarentena, era già il 20 dicembre. I sopravvissuti ripartirono per Livorno solo soltanto il 27 Gennaio. Tre mesi dopo aver cominciato quell’allucinante e tragico gioco dell’oca che li aveva riportati al punto di partenza.
Il Vapore Vincenzo Florio il 1886 portò Vincenzo Velardo, 42 anni, la sua sposa Giovanna Abondante, 40 anni e i suoi figli Alessio, 7 anni, Carolina, nostra nonna, 2 anni, e il suo fratellino Carmine, 1 anno. Data di sbarco: 19 settembre 1886.