Il Nostro Cognome

Cicerone, per esempio, deve il nome com cui è passato alla storia alla verruca che un suo avo portava sul naso; verruca che i Romani chiamavano scherzosamente “cicero”, cioè “cece”.

Durante l’età imperiale il sistema onomastico latino si viene modificando: il prenome tende a sparire, il gentilizio perde gradatamente importanza, e invence si rafforza il cognome. Tanto che verso il secolo Vº ormai nell’uso comune è sufficiente un solo appellativo a indicare l’individuo: per lo più si tratta dell’antico “cognomen”. É questa la ragione per cui noi conosciamo per Cicerone colui che i contemporanei chiamavano Marco Tullio, ed ugualmente dal cognome ci sono noti tutti gli altri uomini illustri della latinità.

Ostacola il crearsi di troppo frequenti omonimie l’invenzione di nuovi nomi formati da sostantivi, da participi e in genere intelligibili, oppure derivanti dal recente patrimonio culturale cristiano.

Dunque, quando giungono i barbari, che avevano conservato intatto il primitivo sistema indoeuropeo, Romani e popoli germanici sono allineatti sulle stesse posizioni in fatto di onomastica.

La ricchezza di combinazioni, la varietà quasi illimitata di nomi possibili fu accolta bem volentieri dai Romani, e il sistema fondato su un nome unico potè reggere per qualche secolo ancora.

Entrò in crisi quando invalse l’abitudine di adoperare soltanto pochi nomi: nomi germanici e nomi di santi che furono enormemente favoriti rispetto agli altri o dalla moda o dal suono particolarmente gradevole. Le omonimie diventano sempre più frequenti. I nomi ormai adempiono male alla loro funzione di distinguere gli individui. Ecco allora ai nomi unici subentrare gradatamente un sistema nuovo: nome + cognome.

L’appellativo aggiunto al nome lentamente prese ad essere tramandato di padre in figlio. Questo fenomeno, iniziato verso il secolo IXº, giunge al suo definitivo compimento nel secolo XVIº: a questo punto in tutta Europa, questo appellativo, nato per distinguere un individuo, è diventato il nome della famiglia.